VIGLIACCHERIA E FEDE

La situazione palestinese denuncia una mancanza di volontà e di coerenza da parte dei Paesi arabi confinanti.   Si tratta di vigliaccheria travestita da fede nell'intervento divino?  Di impotenza?  Di rassegnazione?  Di paura delle reazioni americane e inglesi?   Di collusione col nemico?  Di biechi interessi economici?  

Cominciamo col dire che se tutti i paesi arabi fossero uniti e alleati, potrebbero significativamente, mettere fine alla strage di marca israeliana, o quantomeno, intimidire Israele al punto da far desistere, la sua cricca nazista al potere, dal continuare a massacrare impunemente il popolo palestinese.

Ma i Paesi Arabi non sono uniti, sono percorsi da continue faide interne e da lotte gli uni contro gli altri, fin da tempi antichi. 

Si uniscono, di tanto in tanto,  quando sorge un nuovo Mahdi (e farà restituirà giustizia ai fedeli), me si tratta di unioni temporanee, come rilevava già Engels a suo tempo,  che durano finché non si riaffacciano nuove dispute.

Certo la Guerra dei Sei Giorni pesa ancora nell'inconscio arabo, ma oggi le condizioni sono molto differenti, le eventuali ostilità non gioverebbero a Israele che ha già diversi problemi di cui occuparsi e ha fatto di tutto per screditarsi del tutto agli occhi dell'opinione pubblica mondiale.   

Ma le condizioni geopolitiche ed economiche sono per i governi arabi tali da privilegiare la non belligeranza, il non intervento, piuttosto che occuparsi dei fratelli e delle sorelle palestinesi.

Poi c'è l'aspetto fideistico di molte masse arabe che aspettano un fatidico, quanto fantasioso, intervento divino, piuttosto che prendere atto della loro forza relativa, essendo numericamente soverchianti rispetto agli israeliani.   Tra gli stessi palestinesi sembrano esserci molti che pregano Allah di intervenire, come se la forza delle loro braccia, più numerose di quelle israeliane, non fosse adeguata, o più probabilmente non ci credono abbastanza.

Israele ha un esercito molto potente e attrezzato, foraggiato dagli Usa, ma non è invincibile!

Se tutte le forze arabe fossero coalizzate e organizzate, potrebbero ribaltare la situazione in Palestina e in Cisgiordania.   Ma sono i governi arabi corrotti che lo impediscono, tradendo ogni principio etico di solidarietà  e che non intendono difendere la causa palestinese fino in fondo, se non a chiacchiere.

La fede è socialmente ambivalente, da un lato è un forte collante sociale, ma dall'altro è anche un freno alle potenzialità di un popolo, dato che rimanda in un altro mondo ultraterreno e in un altro tempo indefinito, la possibilità di una vita migliore, il famoso "passar a miglior vita" (sic!).   

Lo stesso grido, la stessa invocazione:  "Allah è Grande" è al contempo consolatorio e illusorio, in quanto fa da sublimatore delle istanze basilari di quei popoli.

Per la causa palestinese occorrerebbe  fare leva su diversi registri: la solidarietà internazionale; la mobilitazione di massa delle coscienze democratiche;  la resistenza popolare;  la cobelligeranza filopalestinese dei soggetti che vivono nell'area  intorno al neocoloniale dominatore-oppressore (altro che "unica democrazia del medioriente"!)  israeliano.

Unendo queste istanze e situazioni, Israele avrebbe le ore contate e le sue politiche genocidiarie e di apartheid non potrebbero più avere seguito.   

In tal modo i coloni che oggi depredano, saccheggiano, terrorizzano i legittimi contadini palestinesi, dovrebbero fare le valigie.

Ridimensionare le mire e la tracotanza sionista sarebbe un fattore di stabilizzazione della regione.  Sono decenni che le politiche neocolonialiste-terroristiche  dei nazisionisti avvelenano il clima internazionale e rendono l'intera area una polveriera pronta ad esplodere.

Uno stato israeliano ridotto nelle sue pretese antistoriche e reso ubbidiente, da un fortissimo isolamento internazionale, lo costringerebbe al rispetto totale delle innumerevoli risoluzioni inapplicate dell'Onu, e ciò costituirebbe un potente antidoto alle mire egemoniche, inoltre costituirebbe un fattore di coesistenza con le popolazioni autoctone. 

Ma finché la hybris israeliano-americana avrà la meglio, non ci sarà alcuna possibilità di pace, di tranquillità, di convivenza pacifica.   Inoltre la polveriera sionista alimenterà le tensioni in tutto il bacino mediterraneo.

La cancrena sionista ha già fortemente intaccato la società ebraica e israeliana, infatti si può facilmente constatare che,  a parte i soliti noti ebrei difensori della causa palestinese, pochi per la verità (alcuni rabbini ortodossi, Ilan Pappè, Moni Ovadia, e qualche  volontario che manifesta contro l'occupazione delle terre palestinesi da parte dei coloni), una buona  parte della popolazione israeliana è favorevole al massacro dei palestinesi;  mentre la cosiddetta "sinistra" israeliana si preoccupa più del destino degli ostaggi in mano ad hamas, ma si guarda bene dal condannare le azioni di Israele.   

Anche in Italia, si sentono spesso rappresentanti ebrei che criticano lievemente Netanyahu, salvo poi non dire nulla a proposito dei civili arabi massacrati quotidianamente, come se scattasse una sorta di comando inconscio a chiudersi a testuggine intorno al Paese della Terra Promessa (che è il solito alibi antistorico su una presunta lettura discutibile di tradizioni di 3500 anni or sono), una sorta di corsa alla difesa d'ufficio di qualunque malefatta pur di salvare il colpevole.

 

Il sionismo è un'ideologia senza alcun fondamento storico e quando i suoi rappresentanti dicono:

"quella terra è TUTTA NOSTRA, MAI UNO STATO PALESTINESE!" dicono una bestialità, ma contano sul silenzio dei media occidentali e sull'appoggio dei padrini euroatlantici.

 

Gli stessi coloni che occupano a colpi di mitra le terre dei contadini palestinesi, contano sulla connivenza degli Usa e sull'appoggio incondizionato di Europa e Uk, senza il quale non potrebbero spadroneggiare impunemente.

Le Corti di Giustizia tacciono, la Corte Internazionale finge di occuparsi della faccenda, ma procede molto a rilento per non pestare troppo i piedi dei sionisti, che nel frattempo, nel volgere di pochi anni hanno occupato tanta di quella terra da far rivivere le imprese coloniali di altri tempi.

La cosa orripilante e sconvolgente è che il neocolonialismo perpetrato da Israele avviene in questa contemporaneità e non in passato remoto.

 

Avviene sotto gli occhi di una presunta "civiltà occidentale avanzata", mentre invece siamo di fronte a un nuovo evo feudale con caratteristiche moderne, dove i "signorotti feudali possono scorrazzare nelle terre altrui, sottomettere un'intera popolazione, sottoporla ad una pratica di Apartheid selvaggia e indiscriminata, ridurla in semischiavitù,  con la benedizione del mondo contemporaneo.

Questo ignobile comportamento viene coperto dalla stupida formuletta utilizzata in ogni comunicazione di massa che recita a pappagallo che si tratta: "dell'unica democrazia del Medio Oriente" e con questa idiozia si conclude ogni discorso.

 

 

 

 

    

  

 

 

 

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